A seguito della riforma del diritto di famiglia operata con l. 19 maggio 1975, n. 151, il regime patrimoniale dei coniugi, ossia il regime di titolarità dei beni acquistati da una coppia coniugata, salvo diversa volontà, è quello della comunione legale.

Si tratta di una comunione particolare, che si distingue da quella ordinaria sotto diversi aspetti: innanzitutto, sono suscettibili di cadere in comunione legale gli acquisti compiuti dai due coniugi anche separatamente durante il matrimonio, con l’eccezione di quelli relativi a beni personali; si tratta, poi, di una c.d. comunione “a mani aperte”, ossia in cui ciascun coniuge è titolare per intero dei beni in comunione e non pro quota, seppur richiedendosi il consenso del proprio partner per gli atti di straordinaria amministrazione su beni comuni; inoltre, non è possibile modificare le regole di amministrazione dei beni in comunione; e, infine, non si può disporre liberamente di una propria quota di comunione.

Per quanto attiene ai creditori, quelli particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, tuttavia, se chirografari, sono preferiti i creditori della comunione. Al contrario, i creditori della comunione possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti.

I coniugi possono in qualunque momento adottare un diverso regime patrimoniale.
Ciò potrebbe rivelarsi opportuno soprattutto nei casi in cui uno di essi voglia intraprendere l’esercizio di un attività commerciale, individualmente o in società; nonché nei casi in cui, in ragione della propria situazione debitoria, non si voglia coinvolgere il proprio partner; o, ancora, quando si preferisca mantenere distinti i patrimoni, non solo per fini egoistici, ma anche per una maggior facilità nel porre in essere atti di disposizione sui beni di titolarità; o, infine, anche al fine di sfruttare maggiormente la possibilità di accedere ad alcune agevolazioni fiscali.

Diversamente, i coniugi possono anche avere il desiderio (ad esempio per fini liberali) o la necessità (si pensi all’ipotesi in cui una banca sia disponibile a concedere un mutuo solo ad entrambi i coniugi con garanzia ipotecaria su un bene comune) di ricomprendere nel patrimonio comune beni che, secondo la disciplina sulla comunione legale, sarebbero personali; anche in questi casi occorre ricorrere allo strumento della convenzione matrimoniale.

Bisogna tener presente, però, che non solo è opportuno rivolgersi a professionisti in diritto di famiglia prima di stipulare una convenzione matrimoniale, ma, anzi, il legislatore l’ha ritenuto imprescindibile, dettando rigide norme formali, proprio in ragione della grande delicatezza che il tema in questione riveste.